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I MECCANISMI ALLA BASE DELLA SISMICITA’ NELL’APPENNINO CENTRALE: ANALISI DELLE POSSIBILI EVOLUZIONI DELLA SEQUENZA SISMICA

Posted on 03/11/2016 by meteogeo in Geologia
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conca

03-11-2016 - Salve a tutti, ennesimo aggiornamento riguardante il terremoto, in virtù della grande preoccupazione che la sequenza sismica, in termini di reiterazione nel tempo e in località diverse delle singole scosse, sta creando nella popolazione dell’Italia centrale.

Proprio alla luce di tali aspetti, cerchiamo in questa sede di fornire una chiave di lettura semplice ed efficace, a carattere assolutamente divulgativo, di quanto sta accadendo e, soprattutto per i non addetti ai lavori, cercare di far comprendere cosa è lecito attendersi in futuro, sempre nei limiti della intrinseca imprevedibilità degli eventi sismici.

Iniziamo con il ribadire innanzitutto il concetto che quanto sta accadendo è, purtroppo, assolutamente normale (ved. editoriale), in quanto tali fenomeni risultano già storicamente documentati nella medesima area, con le stesse modalità.

Teniamo presente che l’ultimo millennio, periodo in cui sono disponibili testimonianze storiche di un certo dettaglio dei terremoti nell’area in esame, è una frazione di secondo in termini geodinamici e, quindi, gli assetti sismotettonici presenti e il conseguente l’andamento della attività sismica registrato nei secoli scorsi, possono essere considerati i medesimi presenti tutt’ora o, meglio, potremmo affermare che le potenzialità sismiche dell’area sono sempre le stesse.

Quanto è accaduto in passato risulta pertanto valido anche oggi, nelle linee generali, a fini previsionali, sebbene ogni sequenza nel dettaglio possieda le sue peculiarità. Nella fig.1 sono stati evidenziati, con rettangoli proporzionali alla magnitudo, tutte le scosse di una certa rilevanza dal 1200 ad oggi. Balza subito all’occhio la sequenza del 1703 (evidenziata con i numeri 1,2,3), che interessò tutta l’area tra Amatrice e L’Aquila nei mesi di Gennaio e Febbraio  con scosse di magnitudo momento Mw fino a 6,9, ma con una prima scossa alla fine del 1702 nell’area del Vettore di magnitudo inferiore non riportata (fonte: Catalogo Parametrico dei terremoti italiani)

fig.1

30_ott_storica

Naturale quindi che la nuova sequenza, che sembra purtroppo alquanto simile a quella descritta, presenti un’analoga evoluzione (non identica ma analoga, beninteso).

Ma quali sono i meccanismi che innescano i terremoti nell’area in esame?? A cosa è dovuta la sismicità dell’Appennino centrale??

E ancora, come mai durante il terremoto il terreno tende a scendere di quota (fino a 70 cm dopo la scossa del 30 Ottobre)??

Quest’ultima domanda non è banale come potrebbe sembrare e fornisce la riposta anche le prime due. In effetti, in un’area montuosa, in molti si aspetterebbero che tutta la catena tenda a crescere, a salire di quota a causa dei terremoti.

Per le regioni peninsulari italiane le cose non stanno così però.

Sviluppiamo quindi alcuni concetti espressi anche in un precedente editoriale.

Guardiamo questo profilo geologico elementare (mi scuso con i rilevatori, ma serve semplificare) dell’area centrale della sequenza (Norcia e Sibillini).

fig.2

schema-tettonico

Senza dilungarsi troppo in discussioni tecniche, è evidente come nel settore esaminato coesistano due tipi di attività tettonica; a destra la catena è in spinta verso l’Adriatico e si innalza dirigendosi verso est. Immediatamente a sinistra, verso ovest, già in corrispondenza della dorsale più alta (monti Sibillini) è presente un richiamo verso il basso dei singoli blocchi della catena, generato dall’apertura del mar Tirreno molto più a ovest, un mare che tende ad ampliarsi e a “inseguire” letteralmente la catena appenninica, asportandone i pezzi un po’ alla volta; in tale dinamica, intere dorsali montuose sono soggette a uno “scivolamento” lungo svincoli tettonici, denominati appunto faglie.

Tutti i più grandi terremoti dell’Italia centrale e buona parte di quella meridionale sono generati da tale meccanismo, ovvero dal movimento verso il basso di porzioni di roccia lungo un piano di scivolamento (faglia, di tipo diretto-distensivo in questo caso).

Ecco una rappresentazione tridimensionale del fenomeno, già utilizzata in questa sede, che identifica il dettaglio dell’area di Castelluccio e del Monte Vettore, che in occasione dell’ultima scossa (Mw = 6,5) si è ribassata di ben 7o cm in corrispondenza del centro abitato (fonte INGV).

fig.3 –  rielaborazione da Equakepedia – MAPSISM

faglia-diretta

 

 

 

In fig.3 è rappresentato quindi il piano di scivolamento (faglia) e due distinti blocchi. Occorre ricordare, come evidenziato in fig.2, che durante il terremoto è il settore che scende (tetto della faglia) che si muove, mentre il settore più elevato (letto della faglia) resta al suo posto, senza subire modifiche di quota.

Ecco perchè i risentimenti e gli scuotimenti maggiori si hanno nei settori ribassati, in prevalenza pianeggianti, come le conche di Castelluccio, di Norcia, di Amatrice e de L’Aquila, così duramente colpite negli ultimi terremoti.

Nel caso poi delle conche, come quelle di Norcia, la cose si complicano dal punto di vista tettonico, in quanto tale struttura morfologica è formata, in genere, dall’intersezione di faglie e diversa inclinazione e geometria (diversa giacitura in realtà), come evidenziato in fig. 4, schema valido per parecchie località dell’Italia centrale (fig.4).

conca

 

 

Veniamo quindi a un punto dolente della discussione; come mai dopo la prima scossa se ne stanno verificando molte altre, anche di magnitudo più forte?? Fino a quando può durare una sequenza sismica di questo genere??

Per capire tali dinamiche, occorre quotare il nostro punto di vista di 90° (direzione antiappenninica). Lo schema in fig.5 evidenzia una sezione longitudinale  alla catena, guardando verso l’Adriatico (fig.5)

fig.5

sequenza

 

 

Ogni rettangolo corrisponde, molto rozzamente, all’ampiezza del piano di faglia mobilizzato (dove quindi si è rotto l’ammasso roccioso) per le 5 scosse principali della sequenza, tutte di magnitudo compresa tra 5,4 e 6,5.

La figura rappresenta un’istantanea prima della scossa del 30 Ottobre. Immaginiamo quindi per un attimo che i singoli rettangoli siano collegati da una cordolo alla base. Se si tira la corda da quattro punti verso il basso e se ne lascia uno libero, alla fine anche il quinto blocco tenderà a scendere, solidale agli altri quattro.

Tutto ciò, con le opportune trasposizioni a approssimazioni, accade anche nei volumi di roccia interessati dall’attuale sequenza. Il cordolo rappresenta tutti gli attriti presenti nelle rocce interessate dal sisma, che si trasmettono lungo il piano di faglia, attivando nuovi segmenti ogni volta che la resistenza della roccia alle sollecitazioni indotte dal reciproco allontanamento dei due piani viene superata.

A questo punto, la domanda successiva che è lecito porci è la seguente:

Quando finirà la sequenza con tali premesse??

A saperlo con certezza avremmo risolto molti problemi e ciò non è possibile. Possiamo tuttavia fare alcune ipotesi sulla base delle attuali osservazioni e in base all’analisi storica delle precedenti sequenze (fig.6).

fig.6

area-terremoto

 

In fig.6 è inquadrata tutta l’area della sequenza, da Visso ad Amatrice, fino alle porte della piana aquilana.

Sono evidenziati due punti interrogativi ai due estremi della linea interpolatrice dei diversi epicentri (caratterizzata meglio nei precedenti editoriali).

Il punto interrogativo più a nord coincide con la collocazione delle nuove scosse, situate appunto più a nord rispetto agli eventi del 24 Ottobre, comprensiva anche della scossa di magnitudo Mw = 4,8 delle prime ore della notte nei Pressi di Pieve Torina (MC). Tale area risulta l’ultima in ordine di tempo interessata dallo sciame sismico e rappresenta un possibile direzione di propagazione della sequenza. Fortunatamente, in tale settore le strutture sismogenetiche presenti non sembrerebbero avere la capacità di generare terremoti di particolare rilevanza, ma in questo campo il condizionale è assolutamente d’obbligo. Va detto anche che dalla fig.1 emerge come nell’area a nord della sequenza attuale non vengano segnalati in epoca storica eventi sismici distruttivi (fig.1 e 7).

fig.7

20161030_faglie_main__surface_faulting

Situazione diametralmente opposta ai confini meridionali, a sud di Amatrice (fig.6). Nelle ultime settimane in tale area non è segnalata attività sismica di particolare rilievo, ma si tratta di un settore passibile di inneschi di magnitudo rilevanti (>6), come le testimonianze storiche relative alla sequenza del 1703 lasciano supporre…………

In sostanza, il monitoraggio di tutte le aree limitrofe ai settori finora interessati dallo sciame sismico è naturalmente prioritario (come sanno bene tutti gli organi competenti) e la localizzazione di scosse di magnitudo anche moderata in settori confinanti ma finora non interessati dalla sequenza, deve comunque mettere in guardia chi è preposto a tale monitoraggio.

In ogni caso, nessuno sciame sismico può durare all’infinito, ma le repliche non sono affatto terminate nell’Appennino (20.000 scosse da inizio sequenza) e continueranno ancora per molto tempo (anche solo di moderata magnitudo), con grande disagio purtroppo per le popolazioni colpite.

Al prossimo aggiornamento.

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amatrice, faglia, L'Aquila, norcia, sciame sismico, sequenza sismica, sismicità storica, terremoto, tettonica, Visso

9 comments on “I MECCANISMI ALLA BASE DELLA SISMICITA’ NELL’APPENNINO CENTRALE: ANALISI DELLE POSSIBILI EVOLUZIONI DELLA SEQUENZA SISMICA”

  1. nadia zolan says:
    03/11/2016 at 21:59

    parlare di terremoti in centro Italia il 3 novembre e della possibilità che si sposti…. un brivido e la mente va al 1706

    Reply
    • meteogeo says:
      04/11/2016 at 12:42

      Giusto, speriamo bene

      Reply
  2. Pierluigi says:
    04/11/2016 at 16:30

    Bravissimi!! Finalmente un post che spiega con disegni semplici ed efficaci il fenomeno, spesso descritto in modo poco comprensibile nei mass media. Se volete io ho girato un video con un mio alunno l’anno scorso che potrebbe essere d’aiuto per la divulgazione del fenomeno. Cordialmente Pierluigi Stroppa

    Reply
    • meteogeo says:
      04/11/2016 at 23:37

      grazie, molto gentile

      Reply
    • meteogeo says:
      07/11/2016 at 18:27

      si se vuole lo può inviare su facebook messenger oppure al seguente indirizzo ila_geo@yahoo.it

      Reply
  3. Luca Zacchi says:
    05/11/2016 at 11:21

    Grazie per il post, uno dei pochissimi, tra i tanto che ho letto, chiaro e documentato.

    Reply
    • meteogeo says:
      07/11/2016 at 18:26

      Grazie a voi per gli apprezzamenti

      Reply
  4. Mara says:
    07/11/2016 at 09:52

    Grazie Ilario per gli interessantissimi articoli sul terremoto in Centro Italia.
    Vivo tra Macerata e Tolentino – terre in cui al dramma della ricostruzione, ora si aggiunge la paura per la possibile propagazione della sequenza sismica verso queste zone (come lascia intuire la scossa di Mw 4.8 con epicentro Pieve Torina del 3 novembre). Pur consapevole dell’imprevedibilità degli eventi sismici, in questo suo articolo ho trovato delle rassicurazioni, soprattutto quando scrive “Fortunatamente, in tale settore le strutture sismogenetiche presenti non sembrerebbero avere la capacità di generare terremoti di particolare rilevanza”. Potrebbe ampliare questa sua spiegazione?
    Grazie in anticipo per il suo prezioso lavoro di ricerca e divulgazione.

    Reply
    • meteogeo says:
      07/11/2016 at 18:25

      si in effetti nell’area non sono storicamente documentate strutture di faglia di tale ampiezza e con inneschi recenti da far presupporre alla possibilità che si verifichino terremoti di una certa magnitudo, ma le certezze purtroppo non esistono in questo settore

      Reply

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